Diritti dell’infanzia: un esercizio quotidiano

Questa mattina quando siamo arrivate a lavoro la prima cosa che ci siamo dette è stata: oggi è la giornata mondiale dei diritti dell’infanzia, dobbiamo scrivere qualcosa.

Poi ci sono stati i bimbi del centro infanzia,  il salone da pulire, la tutor della tirocinante da chiamare, le attività da programmare, la formazione da preparare, le slide perse, i compiti da controllare, la cena da cucinare, il pigiama di Stich da ordinare che “mamma,  è da un mese che mi dici domani”

Dunque sono qui, arrivata dopo la polvere.  Cosa può dire un’educatrice qualsiasi, una mamma come tante, una ex bambina cresciuta in un contesto privilegiato sui diritti dell’infanzia che non sia già stato scritto e letto, pensato e detto?

Probabilmente nulla. 

Però questa mattina facevo addormentare la piccola Eli, che ha poco più di un anno e sono le sue prime volte senza la mamma e ancora non si fida a lasciarsi andare al sonno sdraiata su un materassino.

Quindi era in braccio, ha piantato i suoi occhi azzurri nei miei e mentre li chiudeva poco alla volta, con la mano mi arrotolava una ciocca di capelli, o meglio cercava di farmi le extension a furia di tirare perché sua mamma ha i capelli lunghi e io no. Deve aver pensato che ho un look un po’ scomodo per la nanna. 

Questa abitudine che hanno alcuni bimbi di addormentarsi giocherellando con i capelli mi ha sempre fatto molta tenerezza perché dice – per dormire ho bisogno della mia mamma – (o di un papà con una folta chioma, fate voi).

I miei figli non l’hanno mai fatto, anche se quando erano piccini avevo i capelli lunghi anche io ma in effetti più che mamma fashion con i boccoli ero donna sull’orlo di una crisi di nervi con mollettone e tanti saluti alle tenere abitudini. 

Va beh insomma, sto divagando ma dicevo che la tricotillomania dei lattanti mi ha sempre sciolto il cuore e stamattina mentre pensavo che Eli mi renderà calva entro la fine dell’anno ho realizzato che questa sacrosanta convenzione sui diritti dell’infanzia è di fondamentale importanza per troppe nazioni ancora, non scontata per alcune realtà in Italia e quasi una consuetudine retorica per un adulto come me che si occupa di educazione in un angolo fortunato del mondo.

Eppure anche qui è un esercizio di accettazione quotidiano perché Eli se ne frega se ho tagliato i capelli un po’ troppo, lei per addormentarsi ha bisogno di ritrovare un pezzettino di mamma e certamente pian piano troveremo insieme un modo alternativo di addormentarsi ma adesso ha tutto il diritto di esprimere se stessa e i suoi bisogni e io il dovere di accoglierli. Anche se non parla e se non è questione di vita o di morte perché in gioco c’è una futura donna a cui dovremo aver insegnato che se chiede aiuto qualcuno risponde

(e che da grande le converrà non tagliarsi i capelli se vorrà avere figli o aprire un nido) 

*Simona*

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