Cinquantuno ragazzi delle medie di Crema sequestrati su un bus dirottato e dato alle fiamme. Cinquantuno ragazzi della nostra città.
“Avrebbero potuto essere i nostri figli”
Come sempre, ma questa volta un po’ di più.
E forse questa volta si tratta di un loro amico, conoscente, vicino di casa o parente.
Oggi le scuole della città sarebbero state in festa, una festa che è stata annullata. Per questo, ancor di più, dobbiamo dare loro delle spiegazioni come genitori, insegnanti, educatori.
Non l’avremmo voluta questa occasione per parlare con loro ma non possiamo tirarci indietro.
Di fronte a qualcosa che ci risulta difficile spiegare o ingiusto far accettare faremmo bene prima di tutto a stare ad ascoltare, a chiedere prima che a rispondere, a cercare di capire su quali vuoti si sono aperte le domande nella loro mente.
Forse noi siamo spaventati ma i nostri figli sono arrabbiati o confusi o viceversa o altro ancora.
Di fronte a qualcosa che smuove in noi emozioni profonde è importante capire quali sono quelle dei ragazzi che abbiamo di fronte per non rischiare di trasferire in loro le nostre e di parlare a noi stessi anziché a loro.
Se ci viene da piangere o da far trasparire che no, nemmeno noi saremmo pronti a gestire una cosa del genere possiamo dirlo.
Minimizzare, o peggio ancora mentire, con l’idea di tranquillizzare insegna solo a fuggire da ciò che fa paura e contribuisce a far sentire inadeguati di fronte a ciò che sembra troppo grande.
Diamo il buon esempio e prendiamo in mano le questioni anche se hanno le spine.
Piuttosto, se vogliamo preservarli e rendere questa verità più adeguata alla loro età risparmiamo loro i video e i dettagli violenti che già stanno girando.
Evitiamo di diffonderli perché più circolano più facilmente arriveranno sui loro telefonini.
E a questo proposito spieghiamo loro che il cellulare che tengono sempre in mano facendoci arrabbiare è un arma potente, con cui si può salvare la vita ai propri compagni di classe ma anche far rimbalzare messaggi di odio che prima o poi arriveranno anche agli occhi di una persona ferita o disturbata.
Spieghiamogli che loro non hanno colpe della follia altrui ma tutti siamo responsabili della società che costruiamo.
Se possiamo risparmiamo ai nostri ragazzi il can can politico che seguirà nei prossimi giorni, perché non imparino che le idee e gli ideali possano legittimare una qualsiasi forma di prevaricazione.
Ognuno userà questa vicenda a sostegno della propria tesi: gli immigrati non vanno integrati / se li avessimo integrati non sarebbe successo…
Credo che sia giusto e legittimo trasmettere ai nostri figli i valori in cui crediamo, anche quelli politici, eppure forse questa volta (e sicuramente fino ad una certa età) vale la pena di semplificare un po’ il loro mondo, di fare un passo indietro e partire da un concetto con cui noi siamo cresciuti e di cui stiamo privando questa generazione: esistono anche dei valori assoluti, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato a prescindere.
In caso di fatti di cronaca come questo le motivazioni devono servire a noi adulti per capire dove stiamo sbagliando ma lasciamo ai giovani il privilegio di sapere che di fronte al male più importante della motivazione (che purtroppo spesso viene confusa con la giustificazione) è la giustizia.
Andiamo con loro al nocciolo di ciò che è giusto, solo arrivando lì possiamo insegnargli a ramificare un pensiero… che il nocciolo si sa, è sempre un seme.
Tra l’altro questa volta giustizia è stata fatta.
Sottolineiamo che le cose sono andate bene alla fine perché la struttura ha tenuto, che c’è chi è competente e addestrato per difenderci, che come figli e cittadini hanno delle persone a cui possono fare riferimento.
Certo questa vicenda insegna loro che la vita è imprevedibile e i pericoli spesso inevitabili, non dobbiamo negarglielo, ma possiamo mostrargli che in questa giungla non devono per forza armarsi o nascondersi perché non sono soli e affidarsi alle persone giuste può fare la differenza.
Se i nostri alunni o figli conoscono qualcuno dei ragazzi coinvolti diciamo loro che un messaggio è meglio di nulla ma un abbraccio è meglio di un messaggio.
E se non conoscono nessuno dei ragazzini che erano su quel pullman diciamo loro che comunque oggi in città nessuno festeggia in piazza come era previsto perché ciò che riguarda uno riguarda tutti.
E come ogni volta in cui sentiamo che i nostri ragazzi non sono al sicuro incrociamo le dita e rimaniamo accanto a loro nell’incertezza, non come chi conosce la strada ma come chi tiene la torcia.
* Simona *