I bambini imparano da quello che vedono, lo sappiamo, è scontato. Ma forse a volte trascuriamo che imparano da quello che vedono più di quanto imparino da quello che gli viene detto, più che dalle raccomandazioni a dire grazie, scusa e per favore imparano a farlo se stanno con chi lo fa, ad esempio.
Figli e studenti imparano guardando gli adulti, perché gli adulti di riferimento, in particolare genitori e maestre, sono il loro metro di giudizio e in base a come si comportano loro i bambini costruiscono i modelli da cui attingere.
Sappiamo quanto sono potenti i cattivi esempi ma dimentichiamo a volte quanto lo sono i buoni esempi. Nei nostri corsi di formazione con gli insegnanti o negli incontri con i genitori spesso si parla della difficoltà di alcuni bambini a mostrarsi gentili e rispettosi e il lavoro educativo che viene narrato da chi vive questa difficoltà è spesso un lavoro che punta tutto sulla riparazione: rimproverare, ammonire, spiegare a chi ha sbagliato, magari perché arrabbiato con un compagno, come avrebbe dovuto comportarsi e via dicendo.
Ma come ci comportiamo da genitori o da maestre con i bambini che non suscitano sentimenti di amabilità? Cosa mostriamo ai bambini sulla nostra capacità di essere gentili quando le cose si fanno difficili?
Quando andiamo nelle scuole o facciamo delle attività in sede iniziamo e concludiamo sempre con un momento di scambio in cerchio. E’ un momento impegnativo per i bambini perché richiede capacità di autocontrollo e c’è sempre qualcuno che non ce la fa, che non riesce a stare seduto, che non rispetta il turno di parola, che disturba.
In questi casi cerchiamo di evitare di perdere la pazienza, di alzare la voce e sgridare chi si sta “comportando male”. Ci sediamo accanto a lui o lei, appoggiamo una mano sulla sua schiena e la teniamo lì, come a dire “calma, sono qui e posso aiutarti”
Qualche volta non basta e serve un abbraccio e qualche volta non bastano le braccia perché i bambini in difficoltà sono più di quelli che riusciamo a tenere vicini.
Lì succede che qualcuno più sensibile ci presta letteralmente una mano, come accade in questa foto. E capita spesso.
Eppure noi questa prassi non l’abbiamo mai spiegata a nessuno.
*Simona*